La Repubblica dei segretari

Stampa questo articolo Stampa questo articolo

di Giovan Giuseppe Monti (Univ. Federico II). Di recente, all’interno della serie «Studi sabaudi» curata da Blythe Alice Raviola e Franca Varallo per la casa editrice Carocci, è stato pubblicato un interessante lavoro di Marzia Giuliani dal titolo La Repubblica dei Segretari. Potere e comunicazione nell’Italia d’Antico Regime (Roma, Carocci 2022).

All’interno di un arco temporale racchiuso tra il XVI e XVII secolo, Giuliani da un lato presenta e approfondisce la biografia intellettuale di quattro intellettuali e «uomini di lettere» (Alberto Bissa, Bartolomeo Zucchi, Annibale Guasco e Bonifacio Vannozzi) poco frequentati dai principali settori scientifici di riferimento, dedicando un capitolo ad ognuno di loro; dall’altro lato arricchisce un promettente filone di studi che da alcuni decenni sta conferendo un rilievo crescente al ruolo del segretario, attore significativo «nel contesto delle entità statali della prima età moderna, figura decisiva sia per il rafforzamento dei singoli apparati amministrativi sia per la gestione dell’instabilità politica che caratterizza le relazioni internazionali fra gli Stati» (p. 2). In particolare, a partire dall’ampia trattatistica prodotta tra Cinque e Seicento, l’autrice indirizza il suo studio verso quella direttrice di ricerca che si concentra sulla rappresentazione teorica della figura del segretario e che in alcuni casi ne ha descritto il progressivo ridimensionamento come figura professionale. 

Come fonte di partenza per la sua indagine, la studiosa ha individuato gli epistolari a stampa di cui sono autori i quattro protagonisti principali del suo lavoro e che raramente sono stati oggetto di ricerche approfondite. Tra le motivazioni segnalate dall’autrice, una delle più significative è legata all’interpretazione storiografica dei libri di lettere in quell’arco di tempo, per lo più studiati nei loro aspetti formali e retorici a causa della loro diversa strutturazione. Infatti, mentre gli epistolari della prima parte del XVI secolo presentavano una successione cronologica delle corrispondenze, questi generalmente rispondevano a una tavola dei capi retorici di appartenenza. A partire dai fondamentali studi di Amedeo Quondam, gli storici della letteratura hanno quindi interpretato questi libri come modelli pratici e tecnici, devi veri e propri prontuari scritti appositamente per agevolare il compito degli addetti alla corrispondenza in un momento storico che sarebbe stato definito come «il dominio del segretario». Di contro, Giuliani sottolinea come tali libri abbiano assunto una grande importanza all’interno del mercato editoriale del tempo, e che una simile definizione rischia di non spiegare appieno le ragioni di un così grande successo. Pertanto, ha lavorato sulla potenzialità euristica di queste raccolte epistolari avvalendosi di «un approccio integrato fra più prospettive metodologiche: gli apporti della storia del libro, della lettura e della letteratura, i court studies e i nuovi approcci della storia diplomatica, e infine il dibattito aperto nella storia della comunicazione e dei media della prima età moderna su categorie quali printing revolution, spazio pubblico, sistema multimediale, o ancora information revolution» (p. 16).

I profili intellettuali approfonditi nel volume provengono e operano in diversi ambienti dell’Italia settentrionale ricoprendo molteplici ruoli all’interno delle corti. Tuttavia, sono accomunati tanto da una sorta di fisionomia professionale quanto dall’esser stati tutti degli epistolografi che nelle loro antologie hanno problematizzato l’immagine di sé stessi e del proprio mondo (in particolare nei capitoli dedicati a Bartolomeo Zucchi e Bonifacio Vannozzi). Infatti, nei rispettivi capitoli, dalle raccolte analizzate emergono molti elementi di novità che permettono di gettare nuova luce nell’articolato mosaico politico e territoriale della penisola italiana, intessuto di delicate relazioni intellettuali all’interno delle quali emerge un’interessante quanto poco nota «rete relazionale dei segretari» (p. 17). 

Inquadrando gli epistolari come «strumenti mediatici della prima età moderna», Giuliani tenta quindi di verificare l’ipotesi secondo cui il potere della comunicazione, che il segretario gestiva per conto del suo signore, sia l’elemento caratterizzante di quella che ha definito come «Repubblica dei Segretari», usando un’espressione tratta dall’opera di Vannozzi (p. 213). Inoltre, la ricchezza di spunti tratti dalla lettura degli epistolari permette all’autrice di riflettere sulla fisionomia e il ruolo dei segretari d’Antico regime, evidenziando le caratteristiche comuni di una professione ancora difficile da afferrare appieno. Infatti, come emerge dall’analisi e dalla ricognizione, non vi era né una corporazione di mestiere né una scuola per la formazione, né tantomeno un corso di studi prestabilito: solo la pratica e il continuo lavoro davano la possibilità di affinare l’esperienza del mestiere. Pur richiedendo molteplici saperi e competenze (il segretario doveva essere in grado di operare al contempo come tecnico della comunicazione, burocrate, informatore, agente politico, consigliere e anche precettore), l’ufficio principale consisteva nel disbrigo della corrispondenza.

Quindi, considerando il valore strumentale dei libri di lettere e interrogandoli in qualità di strumenti di un processo comunicativo, l’autrice riesce a identificare «le coordinate di un network, un sistema mediale, che chiede di esser riconosciuto e integrato nel contesto delle pratiche comunicative della prima età moderna» (p. 270). Il segretario, epistolografo per eccellenza, ne è protagonista e artefice principale in quanto era la sua penna a tracciare la rete di comunicazione e a rappresentare il patrimonio di relazioni sociali, politiche e culturali che condivideva con il suo signore e di cui anch’egli, per lettera, deteneva il potere.

Il volume di Giuliani non ha l’obiettivo di affrontare tutti i nodi problematici e i temi connessi alla professionalizzazione e alla specializzazione del segretario nella prima età moderna, tuttavia, restituisce un interessante ed inedito punto di vista per arricchire e ampliare ulteriormente le tematiche e le potenzialità connesse a tale filone di studi.  

Bibliografia minima:
Paul M. Dover (a cura di) Secretary and Statecraft in the Early Modern World, Edimburgh, Edimburh University Press 2016.
Marcello Simonetta, Rinascimento segreto. Il mondo del Segretario da Petrarca a Machiavelli, Milano, FrancoAngeli 2004.
Giorgio Bottini e Fiona Lejosne (a cura di), L’office du silence: les devoirs du secrétaire (XV°-XVI° siècle), numero monografico 23/2019 https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/3302
Nicolas Schapira, Maitres et secretaires, XVI°-XVIII° siècles: l’ecercice du puvoir dans la France d’Ancien Régime, Paris, Albin Michel 2020.

Stampa questo articolo Stampa questo articolo